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Pan per focaccia

Questo pane è stato un esperimento che ho voluto fare, visto che dopo aver fatto il paneer avanza un sacco di siero di latte, mi dispiaceva buttarlo via tutto e cercando qualche soluzione ho finito per piazzarlo qui dentro. Penso vada bene anche da usare al posto del latte o mischiato con del latte in altri impasti anche per dolci o pastelle, o panini semi dolci. A dire la verità ho iniziato a impastare pensando di farci una focaccia, con tanto di salamoia fatta sempre con il siero e l’olio, poi però lievitando lievitando ho cambiato idea e anche il menù per la cena, per cui mi serviva un pane più che una focaccia, così l’ho fatto cuocere così com’era ed ecco qua il risultato. Un buon pane croccante e particolarmente saporito, non proprio soffice per via dell’olio e del siero nell’impasto che lo ‘appesantiscono’ un po’, ma adattissimo per essere spalmato con creme o patè home made, o meglio ancora bruschettato sulla griglia e cosparso di aglio, origano e pomodoro :-) . Se non avete il siero si può sostituire con l’acqua della mozzarella o con acqua. Continue Reading »

Sorbetto Estate 2008

Questa è la mia reinterpretazione di ricetta degli anni ottanta per Salsadisapa. La realizzazione è semplicissima, ma devo dire che mi ci è voluto un po’ di tempo e un bel po’ di fonti di ispirazione prima che mi venisse in mente qualcosa di adatto. Alla fine è andata che domenica scorsa sono stata a un matrimonio, tutto bello classicone, con tanto di [lentissimo] rinfresco, che di fresco aveva proprio poco vista la calura opprimente e la assoluta assenza, non dico di un bell’impianto di aria condizionata, ma anche di un semplice ventilatore a pale che muovesse l’aria nel salone gremito da centocinquanta ospiti. Era da tanto che non andavo a un matrimonio e ci sono andata volentieri, col mio vestitiello nuovo colorato, le scarpe col tacco 10 e la micro borsetta coordinata, ma mi sono per certi versi sentita ripiombare diciamo nel 1989, coi gigli bianchi e le rose blu, la band che ha suonato ‘ti sposerò perchè’ di Ramazzotti, il menù di 4 antipasti, 2 primi (memorabili le tagliatelle posillipo, con panna rucola e gamberetti) e ben 2 secondi. Nel mezzo di tutto questo mangiare, è arrivato buono come la manna nel deserto un salvifico sorbetto al limone fatto col gelato frullato e servito nelle coppe da moscato, che verso le cinque e mezza ha anticipato e gradevolmente refrigerato l’uscita del cosciotto di maiale al forno… Ora, non so quanto sia consuetudine servirlo oggi tra i primi e i secondi, ma per me era qualcosa che non vedevo da un pezzo e che mi ha immediatamente ricondotta a certi pranzi luculliani di un bel po’ di anni fa, quando imperversavano i tortellini panna&prosciutto e il petto di tacchino panna&funghi, per dire, e il sorbetto rappresentava un vero e imperdibile tocco di classe.

 

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Preparare il paneer è molto semplice, basta scaldare del latte fresco fino quasi all’ebollizione e aggiungervi un po’ di succo di limone o aceto bianco per far sì che inizi la flocculazione, il siero si divide e affiora la parte grassa e cremosa del latte. Con un po’ di pazienza si procede a scolare il formaggio con un colino a maglia molto stretta in modo da eliminare il siero e conservare la parte solida che si può consumare così, come una ricotta fresca (ma molto più gustosa e per niente light), oppure avvolgere in una garza o in un panno e lasciar scolare per qualche ora, in questo modo rassoderà abbastanza da essere tagliato al coltello. Ci sono varie preparazioni di piatti vegetariani indiani che prevedono l’uso di paneer tagliato a cubetti, ‘impanato’ in mix di spezie e poi fritto o cotto in curry in umido con le verdure. Io non sono ancora arrivata a tanto, e per questa volta l’ho servito come un semplice formaggio fresco da tavola, predessert accompagnato da una crema di mele speziata che credo si possa anche chiamare chutney visto che per il procedimento mi sono ispirata qui, anche se per gli ingredienti sono andata a ruota libera con la fantasia.

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Questa ricetta l’ho presa dal libro di Ellen Heidbohmer “Buona tavola salute e bellezza con lo Zenzero” che contiene moltissime informazioni interessanti e a prima vista piuttosto complete sulle virtù dello zenzero. Oltre a questo, buona parte del libro è dedicato all’utilizzo che se ne fa in cucina con un discreto assortimento di ricette che spaziano dal più semplice snack, alle main course, alle bevande, ai dolci. Manco a dirlo mi sono subito concentrata sul capitolo ‘ricette’, e in pieno periodo indian cooking mi è balenato di cercare un dessert nuovo e non troppo difficile da fare, individuando questa crema che per la verità nella ricetta originale sarebbe meno zuccherata, molto più liquida e andrebbe servita come guarnizione  di pere cotte nel vin brulè. Io l’ho modificata per creare una coppa di crema allo zenzero, modulata nella sensazione dolce e piccante dalla vaniglia bourbon e dalla morbidezza della panna, che ho trovato deliziosa, rinfrescante e di sapore intenso. Resta da provare l’abbinamento con della frutta estiva che credo ci starebbe bene, specialmente con una pesca bianca tagliata a ventaglio e guarnita con qualche foglia di menta :-) Continue Reading »

Naan vuol dire pane

Il pane Naan tra i pani indiani che finora ho potuto assaggiare è sicuramente quello che preferisco. E’ uno dei pochi ad essere fatto con pasta lievitata, per cui benchè sia sottile non è solo croccante ma risulta morbido e leggermente sfogliato. Viene cotto secondo la ricetta tradizionale nel forno tandoori che è molto particolare perchè è un forno verticale, fatto essenzialmente di terracotta e che viene scaldato a carbone fino a temperature molto alte (anche oltre 450° C). All’interno del forno la cottura della carne avviene solitamente sugli spiedi, ragion per cui le carni, precedentemente marinate ad esempio in miscele di spezie e yogurt, risultano non solo arrostite ma anche leggermente affumicate e hanno cotture essenzialmente brevi col risultato di sapori e profumi integri e appetitosi. La tecnica di cottura del Naan invece, prevede una certa manualità e deve essere davvero bella da vedere. Vederlo fare sul posto deve avere un fascino particolare, e anche in qualche ristorante indiano con cucina a vista credo sia possibile sbirciare questa pratica, che consiste nel distendere e allungare la pasta molto elastica tra le mani, tirandola sottile per poi sbatterla contro le pareti interne del forno tandoori dove rimane attaccata fino a perfetta cottura. Il Naan così preparato si può guarnire con burro chiarificato, formaggio, aglio o altre spezie e va servito rigorosamente ancora caldo.

 

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Chutney first step

Conto di realizzare nel giro di qualche giorno il mio primo menù tutto indiano, e per ora mi sto dando alle basi. Esistono chutney di ogni specie e tipo, dalle più stravaganti alle più comunemente diffuse, e certamente quella di pomodori è piuttosto semplice da preparare per la reperibilità degli ingredienti e per l’esecuzione davvero facile (ne esistono comunque varie ricette, con o senza peperoncino). In effetti contariamente a quanto si potrebbe pensare le chutney non sono tanto una ‘conserva’ da tenere in casa pronta da usare al bisogno (anche se è vero che se preparate con limone o aceto e zucchero si possono conservare in vasetti sterilizzati per qualche mese), ma andrebbero preparate al momento, con una base di frutta o verdura fresca secondo disponibilità, un mix di spezie pestate al mortaio così da esaltarne tutto l’aroma, e rese leggermente agrodolci da un giusto dosaggio di zucchero in base agli ingredienti. A parte il suo accompagnamento classico con carni saporite, al forno in particolare, e volendo essere un po’ fusion questa chutney un po’ acidula e rinfrescante, e così intensa negli aromi erbacei e amaricanti del finocchio e del cumino, secondo me è perfetta come aperitivo, spalmata su crostini di pane caldo e servita con un vermouth rosso bello ghiacciato. Continue Reading »

Gamberi di fretta

Che fare se il desiderio di gamberi aumenta, ma la pescheria [affidabile] più vicina sta a circa mezz’ora di strada e si dispone in tutto di circa 40 minuti per la pausa pranzo? Ci si accontenta di prelevare al negozietto sotto casa un’ ottima busta di gamberi surgelati, ci si mette ai fornelli cercando di dare almeno un tocco esotico che fa molto ’summertime’, si gioisce per avere ancora in frigo un bicchiere scarso di Sauvignon Blanc, e in un quarto d’ora di orologio si ottiene un piatto bilanciato e gustoso, si avanza circa mezz’ora per pranzare in santa pace, e si coltiva per tutto il pomeriggio la ragione l’illusione di essersi tolti lo sfizio marinaro del giorno.

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Focaccine H24

La particolarità di queste focaccine è che essendo io rimasta lontana dai fornelli in questi ultimi giorni  mio malgrado, per la somma di qualche contrattempo e di qualche lavoro extra, la lievitazione della pasta è durata addirittura ventiquatt’ore piene piene. Mi è mancato il mio cucinino, la voglia di liberare la fantasia e avere cura di leggerezza e di fragranza si sono fatte sentire anche più del previsto. Ma prima della ricetta rimetto in ordine i pensieri e li annoto con piacere, buttando giù questa riflessione che mi gira per la testa da un po’ di giorni. Lunedì scorso sono stata a Genova per Terroir Vino. Sono tornata con questo pensiero secondo il quale talvolta i vini sono concettuali, così come lo sono anche la cucina e in definitiva le persone, talvolta il vino ha il potere di farsi concetto, espressione di un’idea, di una volontà, di un territorio certo, ma anche del contesto  naturale in cui nasce, dello stile di chi lo produce e vorrebbe intervenire il meno possibile, con mano leggera, lasciando che sia il vino a emergere, il terroir a parlare, e inevitabilmente sono questi i casi in cui il vino assomiglia di più al suo produttore, mostra la stessa faccia, e se si è bravi a lasciarsi attraversare dalle emozioni e dalle sensazioni se ne coglie nell’assaggio e nel dialogo la fratellanza perfetta. Penso alla faccia seria e moderata di Mario de I Clivi, distaccata e occhialuta e fortemente espressiva, e il suo Tocai che aspetta sornione il passaggio del tempo su di sè e sul mondo, senza temere, impavido e incline a maturare. Penso a Tenuta Grillo, un campano trapiantato tra le colline del monferrato, singolare e forte la sua visione del vitigno cortese, un bianco che di bianco non ha nulla, nè il colore nè la leggerezza, un bianco che è il contrario di sè e per questo affascina e stupisce, tannico quanto un rosso e chiazzato come una tavolozza di colori ad olio. Penso alle teste bionde e alle facce allegre dei ragazzi di Verus Vinogradi, identiche al loro Sauvignon blanc, pulito e nitido ma non sfrontato, al loro Riesling appena dolce, al loro Furmint sloveno, uno straniero abile e schietto, uno sguardo aperto alla scoperta mondo.

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My very first bread

Ad una settimana esatta dalla creazione della pasta madre, devo dire di sentirmi abbastanza soddisfatta della vitalità del lievito e del risultato di questo primo pagnottone rustico e campagnolo, semplice e buono, portabandiera del basic-home-made, così come lo avevo desiderato.

Ho letto molto in giro e poi sono partita dalla ricetta del lievito madre di Spilucchina, che non finirò mai di ringraziare per la sua precisione, semplicità ed efficacia nel descrivere il procedimento ed i suoi meccanismi con cui devo ancora familiarizzare un po’, e per essersi messa a disposizione coi suoi utilissimi consigli ai quali attingerò a piene mani prima di acquisire-spero- maggior dimestichezza. Ho impastato dunque 200 gr di farina manitoba con un cucchiaio di miele e uno di olio extra vergine e 90 ml di acqua appena tiepida. Ho messo il tutto in un contenitore chiuso e lasciato fermentare per 48 ore nel forno spento. Nei giorni successivi ho proceduto al rinfresco tutte le sere per 5 o 6 sere, eliminando metà della pasta e reimpastando l’altra metà con 100 gr di manitoba e 45 gr di acqua non fredda. In questi giorni la pasta fermentava in modo piuttosto regolare, gonfiando e prendendo man mano una consistenza più liquida ed elastica fino al rinfresco successivo. Il profumo si è fatto coi giorni meno pungente, a tratti un po’ acidulo ma non troppo, spesso con invece un buon profumo di lievito e di farina.

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